MIKLOS N. VARGA
“Gala International” – anno XIV – n° 83 – giugno/luglio 1977
“Tras-formazioni” di Vittorio Guarnieri
Se il concetto di “sur-realtà” può essere esteso al quadro interdisciplinare degli eventi in costante divenire, al di fuori delle normative consuetudinarie, a maggior diritto si dovrebbero contemplare le molteplici e non catalogabili esperienze artistiche fondate sulla sperimentazione dei mezzi da porsi in relazione, se non addirittura in contraddizione con le esigenze primarie della ricerca “alternativa”, rispetto al linguaggio iconico e aniconico incorporato nella “rete” della comunicazione visiva. Di qui, non a caso, il procedimento o la messa in opera può risultare assai più “significante”, essendo a priori convalidato da un pensiero creativo dello stesso “significato”. A questo proposito, parlando della “pittura endometrica”, dividiamo la parola in due: endo, dal greco èndon, significa dentro, all’interno; materia, da mètron, misura in greco. Quindi, endometria equivale a “misura interna”. Ora, a parte le motivazioni filologiche, il linguaggio pittorico di Guarnieri è perfettamente contiguo alla ricerca di una “misura interna”; ma, nel contempo, afferente al processo trasformazionale della materia, la quale dall’interno all’esterno subisce un vero e proprio mutamento cromatico. Diciamo allora che, dalla stesura dei pigmenti segnici al successivo rivestimento bianco, avviene una “tras-formazione” degli stessi gradienti cromatici attraverso la metamorfosi chimica e (perchè no?) fenomenologica del colore. Un colore appena percepito, quasi ambiguamente permeato di lucori “interni” di risonanze “autodeterminate” da “colori e linee in movimento autoriflesso”, per riprendere il titolo di un’opera di Guarnieri. Pertanto, ritornando al concetto di “sur-realtà”, tutto ciò che attiene al procedimento non è altro che la causa primaria (del pensiero) di un’autodeterminazione pittorica già preventivata in “tras-formazione”. E’ la rivincita della materia vivente all’interno della “cosa” presunta inerte. Giustamente Franco Spisani sostiene: “Allora non servono più gli impasti coloristici di chi vede il mondo con l’occhio del pragmatico. Si ricostruisce, nella contraddizione, e nella lotta, persino il pigmento: il policromatismo che ci è dato sarà coperto – questo è il precipuo avvertimento che deriva dall’esperienza coloristica che s’innova – e dalla sovrapposizione del bianco al policromo, negando la negazione (quella bianca colata discesa sul policromo, non per mascherarlo, bensì per rigenerarlo), graffiando, lacerando quel bianco, affiorerà il nuovo colore”. Anche il nuovo colore del pensiero rigenerante le immagini della nostra “in-visibile” realtà.