Brano tratto dal Catalogo della mostra ‘Videoarte a Palazzo dei Diamanti 1973/1979’ tenuta a Torino a cura di Janus nel 1980.
METAMORFOSI TONALI
Nei primi mesi del 1977, invitato dall’Istituto d’Arte Contemporanea di Montreal alla manifestazione itinerante 03 23 03 – progetti e avvenimenti -, realizzai, graficamente e cromaticamente, un progetto che delucidava alcune fasi caratterizzanti la pittura endometrica. Mi sentivo invitato a delucidarne, con un breve scritto , il senso. Quasi contemporaneamente il CAYC di Buenos Aires mi invitava al VII Internationale Open Encounter on Video che, in quell’anno, si teneva alla Fondazione Joan Mirò di Barcellona.
L’idea di realizzare un video-tape – ora anche ad Ottawa nell’Archivio del Museo Nazionale del Canada – m’interessava perché potevo ulteriormente stabilire e, ad un tempo, separare i termini logico-produttivi del discorso endometrico: le metamorfosi automisurative dell’Endometria dalle metamorfosi autocromatiche in Pittura. Nel concretizzare l’essenza di una pittura che crea dall’interno autenticamente se stessa, nel tutt’uno di spazio-luce-essenza-colore, si è voluto riscattare – anche in Metamorfosi Tonali – l’indipendenza della pittura medesima da qualsiasi parametro scientifico, anche se di tipo endometrico. Nel video-tape si cadenza l’idea che la vera pittura endometrica si libera e vive nella propria essenza estetica, indipendentemente da qualsiasi calibrazione; né per questo rimane priva di contenuto anzi, supera i concetti dei “piani nulli” identificandosi in una produzione di metamorfosi tonali e cromatiche dall’identità auto riflessa. Così in perfetta essenza armonica con il valore extraempirico dell’endometria, mi riconducevo, come ormai da anni, ad una adeguata cognizione estetica nello scoprire l’irrazionale-razionalità della più singolare contraddizione interna al reale: “la differenza dell’identico”.
Forse per questo è stato più volte affermato che la mia pittura è indagine sulla significanza del colore: ricerca, apparentemente paradossale, di un monocromatismo policromatico. Qualcosa che si aggiunge ai colori cui l’occhio umano è abituato, l’avvio ad un più penetrante modo di concepire, credo, l’inerenza del colore alla figura. Una pittura che evidenzi la posizione decisamente irrazionale del reale, per essere più adeguatamente e sicuramente razionale nelle risultanze ultimative. Una pittura inerente alla pura operatività vitalistica del segno, dolce o graffiante, leggibile nel proprio spazio e nel proprio tempo, dove gli universi logico-depurati che ne derivano valgono come una sorta di nuove entità figurali. Una pittura dunque che non sia semplice despazializzazione, ma costruzione congrua in uno spazio mentale: concetto, ma anche determinazione concreta del rappresentabile, riducibile, dopo il video-tape ferrarese, anche ad una critica che s’interroghi sulle implicazioni più profonde dell’autogenesi concettuale.
Bologna, aprile 1979
Vittorio Guarnieri