Catalogo per la mostra personale alla Galleria Vinciana di Milano  8.10-2.11.1977
Catalogo per la mostra personale alla Galleria Plurima1 di Udine  5/24.11.1977
‘Spazio Alternativo’ – mensile d’arte e cultura – anno 1 – n°7 – dicembre 1977

LINEE DI UNA PITTURA ENDOMETRICA
La pittura endometrica, alla quale da anni mi sto dedicando – e che costituisce l’oggetto fondamentale della mia ricerca – si collega a quello che, nella prospettiva degli studi spisaniani, è il problema di fondo: antica e sempre rinnovata aspirazione ad individuare un settore intermedio, che appartiene al mondo empirico e a quello che inerisce alla coscienza.
Il tentativo di penetrare la struttura intima della materia – scrive Spisani – fa supporre che esista un “limite” per il grado di finezza dei mezzi di osservazione, un confine non superato dall’osservatore, un abisso inerente alla natura delle cose; e la scienza, penetra nel dominio della microcosmia, costretta e scegliere nuovi strumenti d’indagine, deve affrontare differenti modi di pensiero, eliminando i presupposti di una logica che era valida prima, nel mondo dei fenomeni, ma adesso declina, spenta da un vuoto di esperienza, che ne sopprime il senso.
Nell’itinerario delle mie esperienze di pittore, il dominio della microcosmia, la sfera dell’infra-fenomenico ed extraesperienziale, si colloca, in effetti, come un mondo, un oggetto “piccolo in senso assoluto, un’autonoma realtà di pensiero, un concetto che vuole sapersi” (Cfr. F.Spisani, Significato e struttura del tempo, Bologna, 1972, p.6); e non si può negare che il dato empirico, sia l’effetto del rapporto fra uomo e natura, ma quando ci si dirige ad una realtà, quale direttamente ci si offre, si scopre l’oscuro sottofondo delle cose: il punto dove l’oggetto e il soggetto possono, per così dire, incontrarsi. Si analizza allora, l’esperienza nell’immagine differenziata. La mente opera in un campo d’indagine che penetra in uno spazio metodicamente depurato dai dati empirici… Si possono immaginare figure – quelle che vengono chiamate endometriche – che si proiettano in uno spazio neutrale depurato; sono figure endometriche non geometriche, perché riempiono “un universo del discorso matematico, non una zona fisica di territorio. Non una valle e neppure una collina, non una mela e neppure l’interno di un mescolo” (Cfr. F.Spisani, Implicazione, endometria, universo del discorso, Bologna, 1977, p.132). La pittura è reperimento di variazioni intrinseche ad un identico oggetto. Il punto-figura è, sotto il profilo della superfice, qualcosa che varia nel niente e se, sulla base della traduzione grafica, sembra possibile il passaggio dall’adimensionale al dimensionale, mettere la figura sul foglio pone in moto il processo di trasformazione che sembra andare dall’endometria alla geometria; ma è un moto apparente. “L’intero processo consente di argomentare che la figura endometrica come circonferenza deve in qualche modo includere un cerchio. Ne può anzi contenere più d’uno: ma in primo luogo quella figura include un’altra figura endometrica di circonferenza uguale e di superficie diversa. Senonché le superfici dell’una e dell’altra sono semplicemente nulle” (ibidem, p.158). Le figure endometriche sono dunque capaci di dinamismi interni; sono variazioni che operano come mutamenti neutrali, immagini “sempre mutevoli e nuove”(ibidem, p.164). Lo stesso processo di autodifferenziazione, come procedimento rigoroso dell’autodeterminazione di valori qualificati, si ripete, a livello artistico, nell’ambito della pittura: si può partire – e sono partito – da uno stesso valore cromatico. Quando opero sul nero, collocandolo in una superficie, e ne incido il pigmento ottengo regioni di monocromatismi autodifferenziati: un nero in cui si vede balenare una luce interna; un nero che non è più soltanto tale, ma procede verso tonalità non più solamente sue. Lo stesso processo può essere ripetuto per gli altri colori; e c’è una tendenza a produrre, con segni che si ripetono in una superficie cromatica, ciò che dall’interno di questa, senza più che si cerchi una determinazione zonale di pigmento, sprigiona significati policromi. Avviene nelle mie composizioni, in tonalità euritmiche n. 1,2,3,4,5,6, dove emerge una variazione luminosa. La luce all’interno del colore che sembra monocorde dà la varianza: è il policromatismo monocromatico: un’apparente contraddizione. Vale per il nero; ma per il rosso e gli altri colori si può ripetere il processo. Si possono accostare i colori fra loro in modo che il policromatismo traspaia da superfici monocromatiche collegate (Cfr. I miei olii su tela: Endoritmi e microtomie; Euritmia del bianco e autocromatismi, 1977). Quelle variazioni che conducono fuori dall’iterazione, debbono però venir negate, perché alla fine ci sia, sulla base di una sovrapposizione del bianco sulle zone multiple che ne derivano, un’emergenza di cromatismi diversi da quelli che empiricamente possono venir dati: un azzurro, un rosa, dissimili dall’usuale: qualcosa che si aggiunge ai colori cui l’occhio umano è abituato; l’avvio ad un più penetrante modo di concepire, credo, l’inerenza del colore alla figura.
Prima si scompone il processo coloristico; poi si rinnova il colore alla luce di una negazione dialettica della sua immediatezza. Non c’è più una determinatezza fisica dell’immagine. Quello spazio endometrico non ha una dimensione fisicamente determinata. L’iterazione risulta, in realtà, una varianza; ed è già il precorrimento di un modo desueto d’intendere il reale. …
Così partendo dal monocromatismo delle superfici cui ho steso il colore nero e variando in esse, il messaggio monocorde attraverso una moltiplicazione di messaggi graffiati nell’iterazione stessa del pigmento (Cfr. I miei olii su tela: Policromie monocromatiche n.1,2,3,4,5 e Microtomia del nero, 1977), giungo all’emergenza di nuove accensioni coloristiche mediate, fra l’altro dalla complementarietà dell’accostamento di variazioni cromatiche (Cfr. i miei olii su tela: Sintesi cromatica e dialettica pittorica; Sintesi tonale e dialettica pittorica, 1977). Alla fine c’è la luce di policromie separate, staccate dall’immediatezza del reale: non ci sono più il buio ed il silenzio – io credo – ma la vita, sensibile e profonda, vissuta nella coscienza segreta del colore.

Vittorio Guarnieri 

Centro Superiore di Logica e Scienze Comparate, sezione di estetica, Bologna, settembre 1977.