FLAMINIO GUALDONI

“Gala International” – n° 82 – maggio 1977

Vittorio Guarnieri: endometria nella pittura
Se attualmente l’ultimo “ismo” estetico prevede di ricomporsi essenzialmente in delucidazioni empiriche, allora il compito della ricerca estetica per captare l’essenza metempirica delle cose, è soprattutto quello di concatenare in se stessa la propria congruenza artistica. Diventa fondamentale perchè ogni proposizione estetica, che ne deriva, non mostri soltanto la forma estrinseca della realtà data, ma sia “autogenesi” di un’ulteriore realtà concettuale; come – già da anni – evidenzia la logica produttiva. Allora anche le derivazioni di una nuova concettualità artistica degli spazi nulli, non sono delle proposizioni generico-esperienziali, bensì il chiarificarsi extraempirico delle proposizioni essomorfiche, per cui si deve rendere chiare e “delimitare con precisione le idee che altrimenti sarebbero, per così dire, torbide e confuse”.
La maggioranza dei pittori attuali, ma non Vittorio Guarnieri – che da anni evidenzia una tendenza opposta -, nel loro fare estetico-recettivo, levano quanto non sono in grado di comporre: e credono, percò di aver sciolto il “nodo gordiano”, del dipingere per una “pittura” a carattere universale; e mentre vogliono respingere ciò che non è componibile, nell’atto recezionale di far pittura, perseguono la negazione di ciò a cui loro dispiace, “ambendo al conseguimento di quello che aggrada: questa, alla fine – conferma lo Spisani -, è vana presunzione”.
Così, la pittura contemporanea, ritempra la propria crisi nel trionfo del criterio dell’utile; ma il dramma dell’odierno “ismo” estetico – che ora ama definirsi “empirico” -, appare come il risultato di una carenza d’ordine stilistico, ancor prima che di carattere critico ed artistico. Ora, la pittura che dovrebbe di tutto domandare e parlare, non riesce a chiedere di sè; non riesce – come vorrebbe – ad indagare il modo della sua entità logico-interna di “spazio-luce-essenza-colore”: scindendola ne postula le “differenze una di fronte all’altra; le classifica naturalisticamente”. Così, seguendo i canoni pittorici dello scientismo sperimentale, il pittore odierno non riesce a distinguere che ognuna di quelle “particolarità”, nella loro autoconcatenazione endomorfica, possono essere considerate – già nelle “poetiche” dell’artista ferrarese – come la fonte di un’essenza pittorica dell’endometria.
L’endometria sostituisce all’indeterminazione della geometria classica, un programma di applicazioni logico-matematiche a concetto automisurativo, che colgono l’essenza autocostruttiva del principio di quelle entità extraempiriche che, concatenendosi si danno rigorosamente una misura. L’endometria, infatti, intesa come nuovo tipo di matematica ed indipendentemente da una verifica empirica, costituisce non solo e non tanto una proposta pittorica – in sè perfettamente coerente – quanto un campo di ricerca artistica assolutamente nuovo destinato ad essere ulteriormente interpretato ed esteso, come dimostra Vittorio Guarnieri anche nella recente personale all’International Arts di Roma.
Dal 1965, l’anno in cui mette a punto i primi studi delle “fasi musicali cromo endometriche” (ufficializzate a Bologna nel febbraio 1973), la ricerca dell’artista va auspicando, l’estrinsecazione di una pittura che s’identifica sempre più nell’analisi di quelle potenzialità endometriche che gli studi del Centro Superiore di Logica e Scienze Comparate di Bologna vanno enucleando.
Muovendo così, da un angolo di visuale del tutto nuovo ed originale, Guarnieri, con la sua pittura sembra proporre alla considerazione degli studiosi d’arte e dei teorici l’esigenza e l’essenza extraesperienziale alitante, nonostante certe gratuite affermazioni in contrario, nel mondo della vita e dell’arte. Ed i termini stilistici di questo percorso artistico proseguono, senza forzature, nel loro cammino “per aspera”, dando a me personalmente la possibilità di appurare le proprie radici nella logica della produzione e della mathesis superiore, cioè sincrono con quell’indagine logico-scientifica sull’autocontradditorietà del reale; perchè se è logicamente posto che il reale è autocontraddittorio e se vogliamo essere aderenti alla realtà, allora dobbiamo seguire il senso di questa radicale e basilare autocontraddizione: una pittura dunque che cadenzi la posizione decisamente irrazionale del reale, per essere più adeguatamente e sicuramente razionale, alla fine, nei risultati. E per concretizzare un fare artistico che capti l’essenza della razionalità endometrica spisaniana, Guarnieri non si sente affatto reticente alla traducibilità essomorfica di quei valori puntuali posti in sospensione neutra, i quali devono considerarsi come l’archetipo di questa pittura nuova che sa esprimersi anche con una certa carica luminosa, dovuta fondamentalmente all’intervento segnico – dolce e graffiante – sul pigmento.

“Spazio Spazio” – n° 3 – 1977

Vittorio Guarnieri: Logica e Pittura
Il dato centrale della ricerca attuale, almeno nelle sue punte più coscienti, consiste nell’impostazione dinamica di processi conoscitivi che dilatino l’area dell’esperienza, cioè nella proposizione di quello che Sanguinetti definiva “potere liberatorio dell’arte” non come fuga ed evasione, ma come acquisizione di consapevolezza.
Tutto ciò presuppone un contatto e un interscambio sempre più intimo tra discipline umane e discipline esatta, tra scienza e arte. Per questo riteniamo importante presentare una personalità come quella di Vittorio Guarnieri, che nasce e si sviluppa anche artisticamente in seno alle enunciazioni di logica di Franco Spisani, note sotto il nome di endometria.
D. – Guarnieri, tu rappresenti in un certo senso un caso atipico nel panorama artistico. Accetti, infatti, il dato di fondo della pittura astratta, cioè la proposizione di una dimensione mentale e razionale, e nel contempo, ne neghi i risultati. Quale diverso approccio proponi?
R. – In effetti, fino ad oggi ogni forma di astrattismo si è impantanata in contraddizioni e ambiguità, non distinguendo spesso tra portati reali di ordine logico-scientifico ed elementi spuri come sensibilità, percezione, intuizione. Un’arte veramente razionale invece deve basarsi sulla assoluta congruenza e sul rigore scientifico, non deve aver nulla a che fare con nessun dato istintivo.
D. – Su che cosa si basa, allora, la tua pittura?
R. – Le stesse esigenze che io sentivo nella pratica pittorica, le ho ritrovate nella critica alla logica tradizionale e alla geometria euclidea fatta da quel grande studioso che è Franco Spisani, del Centro Superiore di Logica e Scienze Comparate di Bologna. Il problema era il medesimo: superare una dimensione fenomenica e proporre una logica veramente extraempirica. Senza entrare in questioni complesse, ciò che afferma Spisani è che è possibile concepire una “logica produttiva” in base alla quale esistono figurazioni che si automisurano mentre si costruiscono in uno spazio puramente mentale. Da questa base ho preso lo spunto per una applicazione pittorica della cosiddetta “endometria”, e ne sono usciti i risultati attuali.
D. – Una traduzione, allora dell’endometria spisaniana?
R. – Bisogna intendersi. Io non disegno figure che rispondono geometricamente ai principi dell’endometria: ne ho riproposto invece la novità di fondo in un campo diverso, la pittura. Non è la sperimentazione di qualcosa di esterno, ma l’assunzione operativa di principi che rinnovano alla base la pratica pittorica, come la logica di Spisani rivoluziona le scienze esatte.
D. – In sostanza, come dipingi?
R. – Sulla tela disegno figure che sono traduzioni grafiche dei principi endometrici, dopodichè le ricopro interamente con una mano di colore che le fa scomparire alla vista. In seguito, rendo omogenea questa superficie coprente sia per spessore che per densità intervenendo con un gesto ripetitivo e calligrafico, una specie di scrittura sul pigmento. Ciò ha l’immediata conseguenza di coinvolgere la luce e il colore in una dimensione autonoma, svincolata dalla sua funzionalità alla struttura grafica. A questo punto, il mio lavoro è finito: ma l’opera continua a realizzarsi autonomamente. Infatti la superficie del colore coprente, asciugando, lascia emergere la figura sottostante, diversa sia per struttura che per colore da quella originaria. Una figura, dunque, che si autogenera, così come il colore…. E il tutto per contatto non per mistura…
D. – Si tratta dunque di sperimentare nuovi fenomeni di sintesi grafica e cromatica. Non è dunque, la tua ricerca, un’innovazione puramente tecnica, senza altre conseguenze?
R. – Penso che il mio contributo, anche se fosse solo tecnico, sarebbe già sufficientemente rivoluzionario: non più colori prodotti per mistura, ma che si autodefiniscono per contatto, in maniera cristallina. In più, però, c’è il superamento nei concetti generali del fare pittura empirico, nel tutt’uno di spazio-tempo-luce-essenza-colore. Il che indica la possibilità di rompere con visioni artistiche in via di sclerotizzazione e creare una nuova poesia del mentale che si proponga come rigorosamente collettiva perchè razionale.