ARCANGELO ROTUNNO

Catalogo per la mostra alla Galleria Dadà di Ferrara nel 1972

Non a caso le predilezioni di Vittorio Guarnieri vanno ad alcuni poeti contemporanei apparentemente popolareggianti, in realtà raffinatissimi fino ai limiti parnassiani quali Federico Garcia Lorca e soprattutto Pablo Neruda. In tale dimensione, con tali accenti e necessità espressive, si svolge la pittura di Vittorio Guarnieri, trasognata e impalpabile, suggerita, anzichè declamata, in un raccoglimento pensoso e contenuto, sostanzialmente malinconico, ma sempre aperto a nuove indicazioni stilistiche.
Ora, seguendo una ricerca spaziale e cromatica nella quale il bianco campeggia quale nota dominante e determinante ai fini di precisi e perentori risultati espressivi, V. Guarnieri è giunto a sintesi di notevole interesse soprattutto se si considera la natura stessa del colloquio che l’autore intende preliminarmente stabilire fra sè e la propria opera, e secondariamente, o marginalmente fra essa e il pubblico. Ne consegue il carattere intimistico, sommesso che ha un significato di confessione e di approdo all’interno, quasi trasposizione e traduzione in termini pittorici di un dettato letterario e poetico.

Ferrara, 1970